
Il primo numero (aprile 2000) aveva sei pagine. Il secondo otto. Il terzo era già schizzato a dodici. Io creativo? No. Volevo fare un giornale con statistiche, così i disoccupati, cosà gli occupati, così la produzione industriale, cosà la produzione lorda vendibile in agricoltura visto che – nei campi e negli ovili – sono più i debiti che i redditi. Il mio grafico, che all’anagrafe fa Mario Garau, mette Sardinews in rete. I contatti salgono. Poi cominciano gli economisti: e perché non parli di questo, e perché non di quest’altro? Gli imprenditori: perché non racconti la mia azienda? Si crea così un comitato di direzione collettivo. Sardinews è la sommatoria di tante intelligenze. Si arriva a 40 pagine, il prezzo a due euro in alcune librerie. Sardinews è letto gratis in rete. Chi paga? Io. Di tasca. E poi un gruppo di privati (professionisti, studenti, pastori) che spontaneamente hanno sottoscritto abbonamenti, qualche banca, associazioni di categoria, alcune imprese. Racconto la Sardegna dell’economia e della cultura. Racconto – quando ne sono certo – le cose interne ai giornali, le arroganze e gli strabismi editoriali, anche certe fragilità redazionali. Faccio di tutto per dare completezza all’informazione, merce rara soprattutto davanti al Golfo degli Angeli. Ho avuto collaboratori eccezionali, giovani capaci, tutti con voglia di raccontare la Sardegna di dentro e quella di fuori. Perché la Sardegna è nel mondo. Ci leggono negli States e in Australia, al Mit e alla London School. A Ovodda e a Sant’Antioco. E nelle scuole. Trovate qui l’archivio completo di questa avventura durata 15 anni.